Clinico socio-comportamentale

 

                                             

                          "Nessun uomo è inutile se allevia il peso di qualcun altro"

Mahatma Gandhi


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La clinica socio-comportamentale


L’origine di numerosi tipi e casi di disagio personale o collettivo, in assenza di fattori strettamente organici, è rintracciabile in un cattivo funzionamento della “comunicazione”, dovuto spesso all’incapacità del singolo, dei gruppi, del sistema sociale di gestire i cambiamenti legati all’evolversi dei mass media, della struttura familiare e dello scenario sociale.




Il modello


L'approccio clinico socio-comportamentale parte dal presupposto che le tradizionali agenzie di socializzazione (famiglia; scuola; comunità religiosa; comunità politica; ecc.) stiano perdendo (o abbiano già perso del tutto) la propria presa sui giovanissimi e sugli adolescenti i quali, invece, formano le proprie idee e costruiscono la propria identità attraverso un uso mediale intensivo e per lo più sregolato. Tale impostazione permane anche in seguito, incidendo in misura profonda su pensiero e linguaggio, percezione della realtà e del sé: in una parola, sulla personalità.

Le stesse cerchie amicali di giovani e meno giovani, che un tempo vedevano i propri membri relazionarsi l'un con l'altro in maniera diretta e senza mediazioni, oggi interagiscono in misura crescente attraverso l'uso di vari media che, se da un lato consentono una reciproca (e in qualche modo ossessiva) connessione permanente, dall'altro rendono sempre meno decisivo il "faccia-a-faccia" quale modalità principale di interazione e comunicazione. Tutto ciò non soltanto finisce per distanziare ed atomizzare la relazionalità intersoggettiva (si pensi al paradosso di amici o familiari, tutti seduti a tavola per la cena, ciascuno con dita ed occhi incollati sul proprio smartphone o tablet!), ma allontana inesorabilmente tali individui, ormai eterodiretti, dalla realtà quotidiana, relegandoli sempre più in un universo virtuale, spesso induttore di bisogni falsi (suggeriti da mode e trend) e foriero di rappresentazioni mentali distorte (dettate dai mainstream del momento). In tale contesto, cresce la "folla solitaria" formata da individui conformisti che fanno, dicono, pensano e credono le stesse cose, sull'onda di notizie ed informazioni che circuitano in modo incontrollato sul web e in televisione. Il senso critico precipita e, con esso, la nozione stessa di realtà.

Secondo il metodo clinico socio-comportamentale, gli approdi a strutture caratteriali narcisistiche e ad esiti maligni e patologici (culto smodato dell'apparenza, perenne insoddisfazione del proprio aspetto, comportamenti compulsivi, uso e abuso di sostanze, desiderio di sopraffazione, violenza in risposta a ferite narcisistiche, insofferenza per l'altro, odio per il diverso) sono in gran parte frutto di rappresentazioni mentali malate perché in origine orfane dell'accudimento (affettivo e cognitivo) familiare e scolastico, prive di una immagine di sé definita, deficitarie sul piano della capacità di analisi 
critica della realtà.


Assunti teorici: analisi dello scenario macro-sociale

La prolungata immersione nella (pseudo)realtà virtuale, proposta dal mondo digitale, genera nei più deboli (che spesso coincidono in grandissima parte con i più giovani) uno stato esistenziale giocato unicamente sul “qui ed adesso”. In tali condizioni è assente ogni dinamica retrospettiva, dal momento che la storia passata, anche recente, “non esiste più”, fagocitata da un presente che, in tal modo, si fa perenne. Così come irrilevanti divengono gli andamenti di prospettiva, resi oscuri dalla società stabilmente instabile di oggi, in cui appare impraticabile qualunque previsione, anche di breve termine. Passato ed avvenire appaiono quindi inessenziali ad interpretare il presente e, tanto meno, a gestirlo. Non resta che un lungo, infinito presente, entro cui navigare (ma senza bussola), esplorare (ma senza mappe), anche perché ogni eventuale riferimento retrospettivo o prospettico non potrebbe che essere o ancorato al passato o progettato sul futuro: tempi senza senso per chi sia perennemente immerso nel “qui ed adesso”. Nel mondo virtuale vige una radicale dicotomia assente-presente. Ciò che non è presente non solo “non c’è” ma anche “non c’è stato” e “non ci sarà”: ciò che conta è l’attuale, il contingente.

A ben guardare, il modus operandi della media addiction, è perfettamente coerente con le modalità classiche del “consumo capitalistico di massa”, anzi, più precisamente, la media addiction ne è la forma più pura ed aggiornata. Il modello perfetto del consumo capitalistico consiste nella fruizione di prodotti e servizi a ciclo breve, così da ravvicinare entro intervalli sempre più ristretti la necessità del riacquisto da parte del consumatore. In tale contesto, il modello “usa e getta” ne è la quintessenza, il ciclo di vita del prodotto-servizio coincide letteralmente con il suo consumo: questione di minuti o, addirittura di secondi. La fruizione mediale postmoderna rappresenta una delle massime manifestazioni di tale modello. Lo schermo del dispositivo elettronico (device) introduce l'utente-consumatore all'interno di un pressoché infinito numero di scenari digitali, in ciascuno dei quali lui stesso si immerge virtualmente (in genere, per pochissimi minuti o secondi) per poi uscirne e dirigersi compulsivamente verso lo scenario successivo, così da realizzare la forma forse più compiuta dell’usa e getta: quella immateriale, virtuale, teoricamente declinabile all’infinito, innumerevoli volte. Cosa ci sia prima o cosa dopo quel consumo all’utente non interessa (quindi, non esiste)! Esattamente come accade nel consumo di un fazzolettino di cellulosa usa e getta: quale consumatore si chiede mai davvero cosa ci sia a monte e a valle di quel consumo? Quale consumatore riflette mai seriamente, durante quello specifico consumo, prima sulla pianta sacrificata all’idolo del consumo di massa (quanto c’è a monte) e, dopo, sulle conseguenze ambientali di quel consumo (quanto c’è a valle)? E semmai qualche remora dovesse superficialmente affiorare alla coscienza del consumatore, essa sarebbe presto rimossa o razionalizzata. Quella digitale è la forma più perfetta di consumo “usa e getta” perché replicabile all’infinito, in tempi di consumo ridottissimi, apparentemente aliena dal suscitare nell’utente riserve collegabili a qualsiasi forma di sostenibilità (ecologica o economica) perché dematerializzata, volatile, evaporabile: è come se nella falsa coscienza del consumatore valesse l’alibi morale che dopo tutto nessun albero sia stato abbattuto; che del resto nessun inquinamento sia stato generato; che in fondo nessuno smaltimento sarà necessario.

Per il consumatore usa e getta e per l'utente-consumatore neo-mediale il passato non c'è stato ed il futuro non ci sarà. Ciò che è fuori dall'oggi semplicemente non esiste (o, se esiste, non lo riguarda). In tale condizione quale significato potranno mai avere categorie concettuali e pratiche come la cultura, la politica o l'economia? Esse abbisognano di tempo per maturare e crescere, sia come concetti sia come pratiche. La cultura necessita di un lungo investimento oggi per avere un risultato domani; la politica prevede programmi e promesse che generano aspettative civili; l'economia considera obiettivi da conseguire nel breve, nel medio e nel lungo periodo. Ma l'utente-consumatore neo-mediale non ha tempo. Forse non lo conosce nemmeno poiché è tutto avvolto dal e nel presente. Ciò che conta, che vale è l'attuale, per quello che offre, che esibisce, che mostra. E se poi offre, esibisce e mostra disvalori invece che valori, fake news invece di notizie, finzioni invece di realtà, ebbene questo è secondario: tutto va bene pur di riempire un lunghissimo, infinito presente che, diversamente, sarebbe vuoto, noioso e senza emozioni.

Assunti teorici: analisi dello scenario micro-sociale

L’approccio clinico socio-comportamentale (di chiara matrice metodologica e teorica di tipo sociologico) non è tuttavia idoneo al solo trattamento del disagio pre-adolescenziale ed adolescenziale: risulta infatti estremamente efficace anche quando è applicato ad adulti più o meno giovani. Si deve infatti considerare che la fase più radicale nel mutamento delle modalità comunicative riguarda ormai (almeno) un paio di generazioni, così da coinvolgere anche gli attuali trentenni, quarantenni ed oltre. Spesso costoro, trovatisi da giovanissimi già nel pieno della trasformazione, hanno essi stessi subito il comportamento superficiale e disattento di genitori lassisti, incapaci di comprendere i cambiamenti in atto. Oggi, a loro volta, essi tendono ad emulare con i propri figli le modalità comportamentali apprese in gioventù, replicando lo schema che, ancora una volta, sfociando in un atteggiamento distratto verso l'altro, genera ampie falle nel proprio accudimento genitoriale.

In alcuni casi ciò genera sensi di colpa che portano ad accrescere ulteriormente il tasso di permissività nei confronti dei figli (deriva puerocentrica), rinforzando il circolo vizioso.



In altri casi, il proprio stesso narcisismo alimenterà quello dei figli, in una rincorsa, spesso ben dissimulata ma non per questo meno negativa, verso la messa in scena di un “figlio idealizzato”, a cui tutto è permesso, che in tutto deve primeggiare, sin dalla prima infanzia. Ciò contribuirà ad inibire nel bambino, poi fanciullo, poi adolescente, ogni realistico senso del limite, incoraggiando in lui la formazione di un sentimento di onnipotenza che rappresenta il principale emblema del narcisismo maligno: ancora una volta di più, motore del circolo vizioso e foriero di “ferite narcisistiche” destinate ad essere puntualmente interpretate come tragiche ed insopportabili.

In conclusione, si può affermare che la nuova società (e la nuova cultura) post-moderna, reprimendo nelle persone il senso del limite, inibisce il processo di maturazione personale, favorendo il narcisismo maligno derivante dall’onnipotenza infantile, via via irresponsabilmente incoraggiata e rinforzata. Il vuoto personale che ne consegue (che nemmeno la scuola riesce più a riempire, anche per propria debolezza) è quindi immancabilmente colmato con la fruizione di contenuti mediali che nessuno è più in grado di controllare, filtrare, stemperare.


La metodica

La metodica parte da un esame di tipo sociologico e comunicativo del comportamento personale del cliente, allo scopo di ottenere il suo sincero riconoscimento delle fragilità che caratterizzano alcune sue rappresentazioni mentali. Ciò è realizzato mediante un lavoro che prevede, oltre alle sedute con il clinico, anche un certo numero di "compiti a casa": se il cliente non è disposto a svolgerli, ciò significa che non è ancora pronto a volere il proprio cambiamento.


Si giunge poi all’individuazione dei possibili obiettivi di cambiamento e alla costruzione del percorso da seguire per il loro conseguimento. L’intervento si basa sulla cooperazione sociale e comunicativa tra clinico e cliente e, soprattutto, tra quest’ultimo e l’ambiente con cui normalmente interagisce. In parallelo si lavora sulle rappresentazioni mentali (che nell'approccio socio-comportamentale equivalgono a rappresentazioni sociali) del cliente, affinché esse cambino, in corso d'opera, in un regime di consapevolezza piena.




La pratica professionale di Francesco Perrone in sociologia clinica

Francesco Perrone progetta e gestisce interventi d’aiuto di tipo socio-comportamentale soprattutto in favore di persone alle prese con importanti sfide di cambiamento personale (passaggio dello studente da un ciclo scolastico a quello successivo; del giovane adulto ad un’attività lavorativa; del giovane manager a responsabilità superiori; del lavoratore anziano alla pensione; dello sportivo professionista dall’attività agonistica al post-carriera).

Principali interventi effettuati
  • 2009 ad oggi: counselling e progettazione del post-carriera per sportivi professionisti;
  • 2000 ad oggi: counselling a studenti ed adolescenti in situazioni di disagio ambientale;
  • 2010-2011: sviluppo delle competenze professionali in favore di operatori dedicati all'assistenza di pazienti affetti da sindrome di Down;
  • 2005-2012: collaborazione con la cattedra di Criminologia (Facoltà di Scienze della Comunicazione presso la Sapienza);
  • 2000 ad oggi: sviluppo della comunicazione interpersonale a favore di soggetti individuali e collettivi (piccoli gruppi);
  • 2000 ad oggi: tutorship scolastica, universitaria e post-universitaria;
  • 1990 ad oggi: counselling a venditori, impiegati e manager in situazioni di sfida o disagio professionale.




Talvolta ce ne accorgiamo, talvolta no ...


ma il tempo passa...


e trascorre senza sosta.


Tuttavia il cambiamento...


non deve spaventarci ...

 

ma, semmai, incuriosirci ...


accompagnarci ...


e, se possibile, migliorarci.


Comunque vada, ci avremo provato.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Lei è bravo. Mi ha aiutato ad uscire da un momento molto complicato della mia vita. Grazie.

Anonimo ha detto...

Anonimo ha detto...
Ringrazio profondamente il dottor Perrone per avermi seguito con tanta cura e professionalità nel mio percorso. Non solo mi ha aiutato nello sconfiggere la mia fobia, ma le sedute con lui mi hanno arricchito come persona. Ancora grazie, le sarò sempre riconoscente.

27 aprile 2018 18:07